La politica dell’apparire. Divi e passerotti a confronto

Andrea Lazzari
freeuser

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Passerotto in pieno stato d’estasi

Riflessione semiseria sulla politica, sul divismo e sull’alimentazione dei passeri.

politica

  1. (diritto) arte e scienza di proporre, approvare e rendere operative le leggi di uno stato, esercitata da persone, organizzate in partiti e coalizioni
  2. (per estensione) maniera in cui un governo tratta argomenti e problemi politici determinati

apparire

  1. sembrare, dare una certa impressione visiva
  2. comparire, prender forma dal nulla
  3. presentarsi alla vista inaspettatamente
  4. sorgere

Analizziamo i grassetti.

Tanti commentatori, politologi, polli da salotto ed opinionisti vari starnazzano in continuazione del fatto che “la politica sia cambiata”. Io, come molti della mia generazione, non conosco invece altro modo di fare politica se non “questo”.

17 Dicembre 1992 — Se devo trovare un momento in cui, nel passato, posso dire di aver cominciato a “masticare” di politica nazionale non posso fare a meno di citare Tangentopoli.

Come un pulcino fuori dall’uovo, questo è il mio imprinting. Quando sento parlare del fatto che la politica “è diventata” questo, “è diventata” quell’altro sinceramente mi viene un sorriso amaro; in virtù del mio imprinting posso solo dire che la politica è privilegio, è immunità, è potere incondizionato.

La politica, esercitata da un politico (e da chi altrimenti) è commistione, è la scelta di un dirigente, è il potere di aggirare l’attività amministrativa secondo la propria volontà, è violare le regole, è un primario in ospedale, è un professore universitario, è un rettore che scodinzola all’idea di candidarsi, è la lottizzazione della RAI, è la corruzione (della carne) tra i dirigenti sindacali e sé stessa.

Il politico è la star di questo mondo, il carnefice di quest’arena che ci ostiniamo a chiamare nazione.

def. Nazione: Gruppo di individui cosciente di una propria peculiarità e autonomia culturale e storica, spec. in quanto premessa di unità e sovranità politica: la n. italiana, francese; la bandiera, l’esercito, i confini della n.

In italia una nazione non si è ancora formata.

In un territorio così il politico è colui che ti regala un “posto al sole” e, proprio oggi dicevo, chi ha un posto al sole e si sente la pancia piena non cambia le cose, anzi è intrinsecamente portato a mantenere lo status quo.

Il politico è questo generoso elargitore di sdraio sulla spiaggia, è lo strillatore che catalizza su di sé il mal di pancia di chi lo ascolta, è il tiratore di applausi, il parafulmine di una rabbia mai veramente espressa, ma solo accennata.

Il politico è il divo. Quello che ce “l’ha fatta” (a mangiare sulle spalle degli altri).

Poco importa se per il bene o per il male, non c’è alcuna differenza tra il divo “buono” e quello “cattivo”. Tra chi dice di difendere la legalità o chi, semplicemente, si fa “i cazzi suoi”.

Il divo politico è massificato. Da chi? Dai suoi stessi elettori.

“Gli italiani sono fatti così: vogliono che qualcuno pensi per loro. Se va bene va bene, se va male poi l’impiccano a testa sotto.” — Monicelli

Un divo, “piccolo piccolo” per cervelli da “passerottini”. Gli stessi passerottini che si beccano, con tanto di imbuto, ogni messaggio, esplicito e non, che passa dalla TV o dai suoi surrogati digitali.

Certo perché divo e passerottino sono l’uno in simbiosi con l’altro.

Invitare il divo nel pollaio televisivo, oppure “postribolo” — tanto la differenza è poco palpabile mio malgrado — diventa per il direttore del recinto una sicurezza; la sicurezza che il passerottino non potrà esimersi dall’avvicinarsi e dal guardare e magari cibarsi quasi masochisticamente del becchime che rimane immangiato nell’aia.

Tanto è forte questo richiamo che il divo quasi pagherebbe, se già non lo fa, per presiedere ai talk televisivi che si fanno nell’aia. Il direttore dei talk sa bene che invitare questo o quel politico farà incazzare una parte dei passerottini, piuttosto che un’altra, tanto chi vince sempre è il banco (dello share o del pay per click).

Il divo navigato sa che essere onnipresente in TV fa sì che il proprio nome echeggi, i giorni successivi allo show, di bocca in bocca (per il bene o per il mane non importa), ed è tutta pubblicità gratuita.

Il divo “in erba” che si ritrae davanti a quest’arena, viene spinto dal masochismo e dal voyeurismo dei passerottini, fin tanto da cedere alle lusighe delle sirene e inesorabilmente finire per diventare anch’egli divo navigato, dispensatore di opinioni, insomma un maestro dell’apparire.

Un pensiero fugge e va a chi fa riflettere facendo ridere. Mi riferisco agli unici intellettuali presenti in questo paese, i comici. Il loro mestiere è intrattenere come moderni giullari.

Chi sa far bene quel mestiere è anche in grado di comunicare qualcosa al piccolo cervello dei passerottini; un messaggio subliminale. Quello a cui assisto tuttavia è l’amara incapacità della maggior parte dei passerottini di andare oltre il messaggio “di pancia”, interpretando con schemi semplici quanto viene loro proposto. La reazione è quella di accrescere l’odio o l’amore per la persona “schernita” senza andare al messaggio, al cuore del discorso, che dovrebbe invece far riflettere oltre ogni ragionevole dubbio sul fatto che oramai il divo politico è mera immagine, e che lui stesso, povero passerottino, si nutre di sola apparenza.

Per tornare ai passerottini ho un’immagine di loro molto triste. Una invernale grigia giornata di freddo pungente, e loro che si stringono uno accanto all’altro un po’ per noia un po’ per ripararsi dal freddo; oppure il loro è solo un gesto per sentirsi meno soli nella desolazione che hanno davanti agli occhi.

Il passerottino, raggomitolato sul filo dell’alta tensione, non si cura di quanto gli sta accadendo, si ferma all’apparenza, si nutre di essa, senza entrare nel merito che il suo corpo è attraversato da migliaia di Volts, il suo riferimento è il passerottino accanto e chi è avvezzo alle “tematiche elettriche” sa che senza una vera differenza di potenziale non c’è movimento di corrente. Senza un riferimento, verso l’alto o verso il basso, non c’è alcun movimento.

Fatalmente però, se questa differenza si dovesse d’improvviso palesare, il povero passerottino verrebbe immediatamente carbonizzato dallo shock, e quindi si guarda bene dal far sì che questo avvenga, quasi sapesse quale potrebbe essere la sua sorte se tentasse di cambiare stato.

Si limita quindi a mangiare gli avanzi dell’aia e a sospirare delegando ad altri passerottini l’”onore” di diventare divo, tanto, mal che vada, poi l’appendono a testa sotto.

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